In mezzo alla temperie di violenza verbale in cui viviamo è bene ricercare parole sempre meno “offensive” anche se, in realtà, ciò che offende davvero, non sono le parole ma i sentimenti e i comportamenti delle persone che le pronunciano.
Propongo d’introdurre nel bagaglio semantico di un termine già esistente un nuovo significato. Il termine è “discredente” che, ovviamente, deriva dal verbo discredere.
La mia proposta, però, è quella di usare discredente non nell’antico senso di “miscredente”, e che, oltre al senso di “chi credeva in un modo e si è ricreduto” vorrei che divenisse il modo “politicamente corretto” per definire chi “crede diversamente”. Un po’ come si è fatto con “disabile” che sarebbe la contrazione di “diversamente abile”. Se ciò vi fa sorridere, poco importa. D’altronde ci abbiamo scherzato tutti sopra dicendo che noi siamo “diversamente magri” o diversamente ricchi” o anche “diversamente alti” per non usare le parole offensive di: grassi, poveri o bassi.
Eppure, scherzi a parte, se questo dovesse giovare a catturare l’attenzione di chi è talmente convinto delle proprie ragioni da non avere né la civiltà, né la pazienza, né la curiosità necessarie per ascoltare le ragioni altrui, dirò: «Vi prego, ascoltate un discredente!». Ve lo dico perché ne potreste ricevere del bene.
Discredente è chiunque sia profondamente convinto (o convinta) di avere il pieno diritto e tutte le buone ragioni per credere diversamente dalla maggior parte delle persone con cui condivide la porzione di mondo in cui abita.
Sperando che nessuno obietti, almeno sul diritto di essere un discredente, vorrei dare solo alcune ragioni per le quali credo diversamente, sperando che chi storce il muso e solleva un sopracciglio abbia la bontà di disporsi all’ascolto, almeno per un momento.
Sì, io credo. Credo in Dio e potrei recitare con tutti voi il credo apostolico. Esattamente quello che dite nelle vostre messe. Lo credo in piena sincerità, e non toglierei né cambierei una sola parola. Se credete che questo non possa bastare per qualificarmi come “cristiano”, allora state mettendo fuori dal cristianesimo persone che, per confessare quelle stesse verità, sono state disposte a dare la propria vita. Parlo della chiesa antica, dei martiri dei primi secoli e di coloro che sono stati autenticamente “cattolici” quando quel documento segnava il confine tra l’ortodossia e l’eresia.
Sì, io credo, ma credo diversamente da voi. Non siamo più nel terzo o nel quarto secolo cristiano e la chiesa cristiana, purtroppo, si è divisa in più confessioni. Io non sono Cattolico Romano. Lo sono stato, ma non lo sono più. La mia è stata una scelta consapevole, ragionata, fatta dopo aver raggiunto la maggiore età, dopo essermi documentato, avere considerato con attenzione l’insegnamento della Bibbia e che ha reindirizzato tutta la mia esistenza e la mia vita, che ha prodotto una conversione, un cambiamento della visione del mondo e che continua a mantenermi attivo nella ricerca di una migliore conoscenza della Verità (notate la “v” maiuscola) e di una maggiore ricerca della santità.
A questo punto dovrei avere suscitato la curiosità di qualcuno e siccome non m’interessa parlare a chi non vuole ascoltare, mentre sono pronto “a rendere conto della speranza che è in me a tutti quelli che chiedono spiegazioni” (1 Pietro 3:15), ponete pure qualunque domanda sulla mia fede: risponderò nel miglior modo di cui sono capace.
Però, poi, non offendetevi se la risposta non vi piacerà.
Grazie!