In Deuteronomio 3:27 sono riportate le parole che Dio rivolse al suo servo Mosè verso la fine del suo servizio e della sua stessa vita. Sono parole dure, che tolgono il fiato perché lo privarono definitivamente della speranza che i suoi piedi avrebbero mai potuto calcare il suolo della “terra promessa”.
Mosè era stato scelto per condurre il popolo d’Israele fuori dall’Egitto. E ci riuscì. Se fosse andato da solo dall’Egitto alla Palestina ci avrebbe impiegato poche settimane. Ma il suo compito era diverso: avrebbe dovuto portarci il popolo… e trascorsero quarant’anni! E poi, dopo infinite peripezie e difficoltà, quando la terra dei suoi sogni era proprio lì, davanti ai suoi occhi, Dio gli disse: “No! Tu non ci entrerai!”.
Il valore, la qualità e, soprattutto, il vero carattere di una persona si scoprono nei momenti di crisi. E i peggiori tra questi sono quelli in cui i nostri sogni s’infrangono, le nostre speranze sembrano svanire e ciò per cui abbiamo faticato, lottato, pregato, che ci ha fatto gioire e arrabbiare e che ci sembrava di avere a portata di mano, ci appare improvvisamente irraggiungibile.
Sono quelli i momenti in cui un cristiano è messo alla prova più dura perché, come nel caso di Mosè, egli è costretto ad accettare il “no” di Dio.
E questa è una delle grandi lezioni che – presto o tardi – ciascuno di noi dovrà imparare: Dio non è al nostro servizio, egli non è “l’idolo domestico” dal quale ci si aspetta di ricevere sempre protezione e prosperità e, soprattutto, egli non è una divinità al nostro comando, accondiscendente a qualunque nostra richiesta. B.B. Warfield, addirittura, paragona questa concezione di Dio a quella di un “animale domestico” che – come le mucche esistono per dare il latte e la carne – così egli esisterebbe per fornirci sempre il perdono di cui abbiamo bisogno.
No, Dio non è sotto il nostro controllo. Le nostre opere e la nostra generosità non lo costringono in alcun modo ad avere riguardo ai nostri desideri (Mosè non aveva forse grandi meriti?). Le nostre preghiere più ferventi e fiduciose non ci garantiscono il suo assenso (Mosè fu un grande intercessore e avrebbe potuto presentare una lunga testimonianza di molte preghiere esaudite da Dio). Per quanto lunga e benedetta possa essere la nostra carriera al servizio di Dio, non lo metteremo mai nella condizione di essere nostro debitore: ogni sua azione nei nostri confronti, ogni preghiera esaudita, ogni benedizione elargita è sempre e solo grazia su grazia.
Quindi, in certi momenti Dio dice di no alle nostre richieste. E certi no sono detti a richieste che non sono affatto periferiche o a questioni secondarie, ma proprio – come nel caso di Mosè – a ciò che costituirebbe il culmine e la tanto anelata attesa di molti anni.
Così, una relazione si infrange a pochi giorni dal matrimonio.
Un traguardo accademico o lavorativo per il quale si era investito per lunghi anni e che si giunge a sfiorare si allontana nuovamente.
Una carriera sportiva molto promettente si interrompe bruscamente a causa di un infortunio che non permetterà mai più di ottenere certi risultati.
Una gravidanza tanto desiderata s’interrompe per “cause naturali”.
Una persona sulla quale si era fatto affidamento ci delude profondamente… o, perlomeno, pensiamo che sia così.
Il compagno o la compagna di una vita, con cui avevamo immaginato di invecchiare, ci lascia prematuramente.
La lista potrebbe continuare all’infinito… e la delusione e la frustrazione delle varie situazioni descritte non potrebbe mai essere paragonata a chi – come Mosè – è costretto ad accettare il no di Dio su un’aspirazione e un sogno spirituale coltivato per lunghi anni. Provate solo a immaginare la sofferenza di quell’uomo di Dio!
Eppure è proprio in situazioni come queste che l’eccellenza o la miseria si mostrano al loro massimo grado. La preghiera non esaudita costituisce una grande prova del carattere.
Mosè affronta e accoglie il no di Dio e abbraccia la sua volontà sovrana con un cuore grato.
Davide fa lo stesso quando Dio lo informa tramite il suo profeta che non sarà lui a costruire il tempio.
Gesù, nel Getsemani dice, allo stesso modo: “Non la mia, ma la tua volontà sia fatta”.
E, infine, l’apostolo Paolo che prega per ben tre volte di essere liberato dalla scheggia nella carne, ma che con il rifiuto divino della guarigione riceve anche l’istruzione e la motivazione di quel “no”: «La mia grazia tia basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza»
E voi? Come reagite quando Dio vi fa capire o vi dice espressamente di no?
Fate come Caino che alla disapprovazione divina si adirò e cominciò a covare odio nel cuore nei confronti del proprio fratello innocente? O come Acab che al no di Nabot (che in effetti era il no di Dio perché la proprietà era inalienabile) si depresse al punto da non voler mangiare? O come Gheazi che al no del profeta (che anche in questo caso era il no di Dio che non vuole che mercifichiamo la grazia) inventò uno stratagemma e mentì per ottenere un profitto illecito e che non gli spettava?
Anche in questo la caso la lista potrebbe allungarsi moltissimo, ma rabbia, depressione, manipolazione e inganno… sono solo alcune delle reazioni peccaminose ai no di Dio.
La mia preghiera è che ai no di Dio il mio e il vostro cuore non rispondano come Caino, Acab, Gheazi e molti altri, ma come Mosè, Davide, Paolo e Gesù.
I suoi no sono sempre giusti, sono sempre il meglio per noi, sono un segno del suo amore paterno.
Ai suoi no, rispondiamo sempre: Amen, Signore. Sia fatta la tua volontà.