Questa domanda mi è stata posta alla fine della mia predicazione di stamattina su Apocalisse 3:14-22, dal titolo “Cristo alla porta” che potete riascoltare qui (YouTube) e qui (Sermonaudio).
Quando qualcuno mi pone delle domande, mi fa sempre molto piacere. Non prendo mai questo atto come un’offesa o una provocazione. Anzi, ne sono molto lusingato perché è uno dei buoni effetti della sana predicazione. È segno di ascolto attivo e del desiderio dell’ascoltatore di comprendere più a fondo.
Non abbiate paura di porre delle domande. Piuttosto, temete coloro che vi mettono a disagio quando provate a farlo!
Mi ha fatto piacere anche perché, in un certo senso, dice qualcosa sul genere di ascoltatori del nostro canale di Youtube. Molti di loro sono persone che non devono essere convinte della realtà biblica della sovranità di Dio anche nell’ambito della salvezza dell’uomo e che – piuttosto – si preoccupano che il predicatore che stanno ascoltando (nella fattispecie il sottroscritto) sia una persona che non crede nella dottrina biblica della predestinazione e della grazia sovrana, e che attribuisce alla volontà dell’uomo molto più potere di quanto gliene assegni la Scrittura.
La domanda è sorta da una delle ultime frasi che ho pronunciato e che riporto verbatim
«Questo culto si conclude, finirà questa pandemia, il mondo tornerà a correre, ma tu dove ti troverai? Il Signore vuole stare con te e avere comunione con te. Tu, vuoi avere comunione con lui? Sì? Apri quella porta, fallo entrare. Confessa il tuo peccato. Ravvediti del tuo peccato…»
La persona che l’ha posta, giustamente, si è chiesta in che senso la porta deve essere aperta dall’interno. Questa parola e invito del Signore – come miriadi di predicatori hanno detto – implica la “libertà del volere umano” (o del “libero arbitrio”) e che, in fondo, la salvezza dell’individuo può compiersi solo ed esclusivamente se questi lo vorrà? Chi si salva, viene salvato in virtù di una scelta che, per quanto possa essere sollecitata dal predicatore e dallo Spirito Santo, sarà sempre un atto compiuto dall’individuo che ha il potere di dire di sì o di dire di no in qualunque momento della propria vita, fino alla fine? Pastore, lei crede questo?
No, non lo credo. E ritengo che questo uso delle parole di Gesù è sbagliato e molto lontano dal significato originale.
Se, da una parte, i predicatori del Vangelo non devono avere paura a usare le parole del Signore Gesù Cristo, è necessario che essi lo facciano in conformità al significato originario e in armonia con il contesto in cui furono pronunciate. Diversamente si farebbe un uso diabolico della Scrittura (come fece Satana che, nel deserto, ripetè a Cristo le parole della Bibbia, ma estrapolandole dal resto della rivelazione e allo scopo di sollecitarlo a disubbidire a Dio, piuttosto che a onorarlo).
Bisogna tenere in considerazione che queste parole sono state pronunciate a una chiesa e non a persone che non sapevano nulla di Cristo. Che seppure questa chiesa era apostata, superba, compromessa, accecata dall’orgoglio e contaminata dalla presenza di un gran numero di ipocriti, continuava a essere uno dei candelabri in mezzo ai quali Cristo camminava (Cfr. Ap. 1: 12, 13, 20) e beneficiava del servizio del “messaggero” al suo interno (Ap. 1:20; 3:14, che molto probabilmente designa proprio il predicatore/pastore della chiesa).
Inoltre, come mi sono preoccupato di far notare nella predicazione, la frase «Io sto alla porta e busso», più che la fantasiosa e disonorevole interpretazione che se ne dà che implica una sorta di “impotenza” di Cristo che non “può violare la volontà (sovrana!) dell’uomo”, ha a che fare con l’imminenza della sua venuta per retribuire e giudicare (Cfr. Mt. 24:33; Ap. 11:18).
Cristo risorto, quando vuole e come vuole, entra dovunque… anche a porte chiuse! E non credo di dover riportare il passo biblico per provarlo.
Queste considerazioni pongono su ben altro piano quel passo che, a onor del vero, non ha nulla a che fare nemmeno con la dottrina della predestinazione. Inoltre, vorrei approfittare di questa occasione per ricordare una semplice ma pur fondamentale verità che è la seguente:
«Se qualcuno usa male la Scrittuta, correggilo! Ma nel cercare di mostrargli l’errore bada bene a non usare male anche tu la Scrittura!»