«Questi sono i popoli che il Signore lasciò stare per mettere alla prova, per mezzo di essi, Israele, cioè tutti quelli che non avevano visto le guerre di Canaan. Egli voleva soltanto che le nuove generazioni dei figli d’Israele conoscessero e imparassero la guerra: quelli, per lo meno, che non l’avevano mai vista prima.» (Giudici 3:1-2).
La mia generazione, proprio come quella degli israeliti che vissero dopo il tempo della conquista di Canaan al tempo di Giosuè, è una delle poche, nella storia italiana, a non aver conosciuto la guerra.
Certo, ogni generazione ha le sue prove. Per quanto mi riguarda, scorrendo la mia vita, ricordo l’austerity e il terrorismo, la paura della guerra nucleare, la diffusione dell’AIDS, le stragi di mafia, l’11 settembre, la crisi economica del 2008, come eventi che hanno segnato la coscienza nazionale.
Per grazia di Dio, come molti altri milioni d’italiani, sono nato in un tempo e in una famiglia che mi hanno concesso di godere di una vita tranquilla e, per la sua buona provvidenza, sono stato risparmiato dal conoscere grandi mali e grandi paure collettive.
Ricordo anche tanti eventi felici che hanno accresciuto il senso di unione e di orgoglio della Nazione. I successi sportivi della Nazionale e di altri grandi atleti italiani, la solidarietà nel partecipare al dolore degli italiani caduti in attentati all’estero (la strage di Nassiriya) e molti altri.
Ma quello che stiamo vivendo in questi giorni con la pandemia di Coronavirus è qualcosa di inedito e di particolarmente grave.
Si tratta di qualcosa a cui possono corrispondere solo le dinamiche degli scenari di guerra. Ci sono i morti e i feriti, ci sono i combattenti e gli “eroi”, c’è la grande limitazione della libertà personale e la penuria di certi beni, c’è la crisi economica, il coprifuoco, la paura della morte, la speranza di sopravvivere, il desiderio della normalità… e molto altro.
La ricerca di “senso” è connaturata nell’uomo e, in situazioni del genere emerge con prepotenza. Perché? Perché tutto questo male? Chi lo permette? C’è un Dio che se ne sta in cielo a fare lo spettatore e non si cura delle vicende degli uomini? E se c’è e lo permette, in che senso lo fa? È impotente? È semplicemente passivo o pigro e non vuole intervenire? È arrabbiato con l’umanità e vuole punirla?
Il testo di Giudici 3:2 dice, senza alcuna remora, che fu Dio a volere che le nuove generazioni di israeliti sperimentassero di prima mano l’orrore della guerra.
La guerra è il peggiore dei mali. Non riesco a immaginare alcuna delle attività umane che possa essere più crudele, spaventosa, fonte di sofferenza e dolore di quanto lo sia la guerra, combattuta in qualunque modo. Eppure il Dio della pace compie i suoi buoni propositi anche mediante la guerra.
Cosa può voler dire tutto ciò se non che Dio è incomprensibilmente saggio e potente?
Non significa forse che il modo in cui valutiamo ciò che è bene e ciò che è male è molto diverso del modo in cui Dio lo fa?
È un pensiero troppo scandaloso questo?
E che dire se aggiungiamo che, evidentemente, il valore che attribuiamo alla vita umana, alla sua stessa preservazione, durata, al benessere di cui può godere e a ciò che conta davvero, è molto differente da quello che Dio le assegna?
Ci sono cose che dobbiamo conoscere e la cui conoscenza (nel senso di “esperienza di prima mano”) può salvarci la vita dell’anima, che poi è l’unica che vale davvero! La conoscenza diretta di quelle cose – mediante la sofferenza – ci fa diventare più umani, ci spoglia del nostro orgoglio e della nostra follia naturali e ci rende più sensibili al vero, al giusto, all’eterno e all’assoluto.
Perfino del Signore Gesù Cristo è detto che «imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì» (Ebrei 5:8) e che affrontò la croce, disprezzandone l’infamia, perché, guardando oltre quella infinita sofferenza, pregustò la gioia del compimento della salvezza del suo popolo, per il quale offrì se stesso come sacrificio a Dio (Cfr. Ebrei 9:14; 12:2).
È per questo che, mediante la sua morte, la morte è stata uccisa, è stato distrutto colui che aveva il potere sulla morte e sono stati liberati tutti quelli che dal timore della morte erano tenuti schiavi per tutta la loro vita.» (Ebrei 2:15).
Queste sono le cose di cui non possiamo fare a meno.
Tutto il resto è vanità. Vanità delle vanità. Tutto è vanità.