Il saggio Salomone ha detto che «Ciò che è stato è quel che sarà; ciò che si è fatto è quel che si farà; non c’è nulla di nuovo sotto il sole» (Ecclesiaste 1:9).
In questi giorni, nella fase “matura” (ma forse non ancora conclusiva) della pandemia, molti cristiani si interrogano su come bisogna comportarsi e considerare e, perfino, su come coniugare la “doppia appartenenza” o la “doppia cittadinanza”, ovvero, come vivere e reagire da cittadini del cielo e italiani (o di qualunque altra nazione) allo stesso tempo.
La risposta non soddisferà molti, ma è l’unica che trovo nella Scrittura: «Bisogna vivere nella consapevolezza che dobbiamo svolgere un ministero profetico nel mondo, se necessario fino al martirio».
Per essere più preciso, dirò che la figura di Geremia e la sua esperienza di vita sono molto rilevanti anche per i credenti del terzo millennio cristiano e che la sua predicazione e il suo comportamento può costituire un grande esempio anche nelle attuali e immediate circostanze in cui viviamo. Sebbene Geremia non abbia parole dirette da dirci intorno alla polemica che riguarda i “pro” e i “no” vax, o a quella della introduzione del “green pass” come viatico per moltissime attività, comprese quelle lavorative, ci fornisce un esempio e un insegnamento ai quali bisogna prestare attenzione.
Per questa ragione ho chiesto di ripubblicare un mio sermone, predicato il 23 settembre del 2007, all’indomani di uno dei famosi V-Day che portarono alla nascita del “movimento 5 stelle”.
Chi ascolterà il sermone vi troverà dei riferimenti diretti alla politica di quel tempo… ma, credo, anche delle osservazioni che si possono considerare propri nella categoria del “profetismo cristiano non ispirato” che abbiamo il dovere di fare ascoltare al mondo.
Potete ascoltare il sermone cliccando sul testo che segue.
Il profeta confronta i potenti: 2 Cronache 36:1-21. Reno Ulfo. 23/09/2007
Se non ci saranno reazioni me ne farò una ragione e lo considererò… una reazione!